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Basilica di San Petronio | Papa Francesco in Piazza Maggiore a Bologna
Al suo arrivo Papa Francesco è stato accolto a braccia aperte in Piazza Maggiore a Bologna.
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PAPA FRANCESCO IN PIAZZA MAGGIORE A BOLOGNA

Al suo arrivo Papa Francesco ha trovato una Piazza Maggiore gremita e festante.

 

Una parte del piazzale era riservata al mondo del lavoro, il tema dell’incontro, con la presenza di rappresentanti di Unindustria, Sindacati, Confcooperative, Legacoop e disoccupati.

Presenti anche alcuni superstiti delle stragi di Marzabotto e familiari delle vittime della strage del 2 agosto e della tragedia di Ustica.

 

Tra gli altri un emozionatissimo Gianni Morandi che ha intrattenuto la piazza nell’attesa del suo arrivo.

 

Ad accogliere il Santo Padre, sul sagrato di San Petronio, l’arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi.

 

“Grazie”, l’ha salutato, “esprimo così la gioia di Bologna e di tutta la Regione Emilia Romagna per la sua presenza in questa città che è un crocevia di tante strade”.

 

Dopo aver ricordato che l’identità più profonda di Bologna è quella dell’accoglienza e che la presenza del Santo Padre si colloca al culmine del Congresso Eucaristico, aprendo il cammino della Chiesa bolognese nel prossimo anno, l’Arcivescovo ha fatto riferimento a un’immagine che gli è cara, quella dei Portici.

 

“Sono i nostri ponti, che la uniscono e facilitano l’incontro e il cammino”, ha detto, “essi sono come i corridoi di una città che vuole essere casa e di una casa che è aperta alla città”.

 

Dopo aver richiamato l’insistenza sulla Piazza cittadina di Chiesa, Comune e Università– l’Università più antica del mondo portatrice di un umanesimo ispirato ai valori cristiani che non fu estraneo alla liberazione dei servi della gleba iscritti nel Liber Paradisus- l’Arcivescovo ha ricordato come la cultura religiosa e civile abbiano saputo affrontare insieme “le grandi e tragiche sfide della guerra e della ricostruzione fino ai cupi anni del terrorismo e delle stragi purtroppo senza verità”.

 

Oggi queste due culture “sono chiamate a confrontarsi in maniera alta ed efficace davanti alle nuove emergenze del nostro tempo”.

 

Il riferimento in particolare è andato alle forze del lavoro , che “cercano nella concertazione tra loro il metodo per riparare l’ascensore sociale che sembra rotto, per rinnovare la grande tradizione di laboriosità e di cooperazione solidaristica di queste terre e per un’economia che abbia al centro l’uomo”.

 

Proprio da questa storia deriva quella speranza che l’arcivescovo Zuppi ha voluto con forza sottolineare, “il nostro impegno e anche la nostra scelta, perché la speranza ci chiede di comprometterci e di sacrificarci per non deludere”.

 

L’ultimo riferimento è a San Francesco, che parlò a Bologna nel 1222, proprio nella Piazza antistante il Comune.

I commentatori scrissero che le sue parole, “di angelo e non di uomo”, furono “come saette acute che trapassarono il cuore degli uomini” perché parlava “laicamente” delle cose di Dio, in modo che tutti potessero comprenderlo.

 

“Grazie Papa Francesco perché anche lei parla così e le sue parole e i suoi gesti aprono tutti alla speranza”, ha concluso, “suscitano ideali e entusiasmo e fanno conoscere Dio amico degli uomini e dei poveri”.

 

Dopo aver augurato a tutti una buona Domenica, il Papa ha affrontato senza preamboli il tema del lavoro e soprattutto quello della sua espressione negativa, “cioè la situazione difficile, a volte angosciante, della mancanza di lavoro”.

Ricordando alle diverse parti sociali presenti, anche contrapposte, l’esigenza del dialogo, il Papa ha fatto riferimento al “sistema Emilia” e al suo indispensabile welfare.

 

“Cercate di portarlo avanti”, ha esortato, “c’è bisogno di soluzioni stabili e capaci di aiutare a guardare al futuro per rispondere alle necessità delle persone e delle famiglie”.

 

Ha poi ricordato l’esperienza cooperativa e il suo legame originario con la solidarietà.

“Oggi essa ha ancora molto da offrire”, ha detto, “anche per aiutare tanti che sono in difficoltà e hanno bisogno di quell’ ascensore sociale che secondo alcuni sarebbe del tutto fuori uso”.

 

Dopo aver esortato a non piegare mai la solidarietà alla logica del profitto, perché “cercare una società più giusta non è un sogno del passato ma un impegno”, papa Bergoglio ha voluto toccare in particolare la situazione della disoccupazione giovanile e dei tanti che hanno perso il lavoro, anche in età già avanzata, e che non riescono a reinserirsi.

 

Realtà concrete e non mere statistiche. “L’accoglienza e la lotta alla povertà passano in gran parte attraverso il lavoro”, ha ribadito, “non si offre vero aiuto ai poveri senza che possano trovare lavoro e dignità”.

 

E ancora “il recente “Patto per il lavoro” che ha visto tutte le parti sociali e anche la Chiesa firmare un comune impegno per aiutarsi nella ricerca di risposte stabili, non di elemosine, è un metodo importante che auspico possa dare i risultati sperati”.

 

Dopo aver ricordato come la crisi economica attuale sia anche “crisi etica, spirituale e umana”, il Papa ha sottolineato ancora una volta la necessità di “togliere centralità alla legge del profitto e assegnarla alla persona e al bene comune”.

 

L’ultimo riferimento a San Petronio, “Pater et Protector”,sempre raffigurato con nelle mani la città.

 

Chiesa, Comune e Università sono gli “aspetti costitutivi” di Bologna. “Quando essi dialogano e collaborano tra loro, si rafforza il prezioso umanesimo che essi esprimono e la città respira, ha un orizzonte”, ha ammonito, “vi incoraggio a valorizzare questo umanesimo di cui siete depositari per cercare soluzioni sapienti e lungimiranti ai complessi problemi del nostro tempo, vedendoli sì come difficoltà ma anche come opportunità di crescita e di miglioramento”.

 

L’incontro si è concluso con la preghiera dell’Angelus, nella quale il Pontefice si è rivolto alla Madonna di San Luca, venerata da tutti i bolognesi.

 

Dopo l’Angelus Papa Bergoglio ha voluto ricordare la beatificazione avvenuta ieri a Bratislava del sacerdote salesiano Titus Zeman, morto martire nel 1969 dopo una lunga carcerazione a causa della sua fede e del suo servizio pastorale.

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