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Basilica di San Petronio | Il Museo della Basilica di San Petronio
Il Museo nasce nel 1984, è costituito da due sale: dove sono raccolti disegni, modelli lignei, strumenti relativi alla meridiana, reliquiari, corali miniati
Museo
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IL MUSEO DI SAN PETRONIO

1. La storia del Museo

2. Sala I

3. Sala II

1. La storia del Museo

 

Nei secoli XVI-XVII non esisteva l’attuale museo, ma negli stessi anni iniziò a costituirsi in relazione al problema della facciata della Basilica: i disegni dei vari architetti, tra i quali alcuni famosi, furono raccolti nella stanza a piano terra della residenza della Fabbriceria dove vennero successivamente incorniciati ed esposti.

La nascita del Museo è da collocare nel 1984, nella Sala I vennero riuniti non solo i disegni ma anche i modelli lignei, gli strumenti relativi al tracciamento della meridiana, alcune formelle marmoree della prima metà del Cinquecento e qualche altro oggetto. La seconda sala ospitò paramenti liturgici, reliquiari e vasi sacri e corali miniati.

Nel 1958-1959 tutto il materiale è stato riordinato e nel 1970 ne è stato pubblicato il catalogo.

2. Sala I

 

In questa sala è possibile ammirare 16 telai scorrevoli con i disegni architettonici relativi per la maggior parte alla mai compiuta facciata della basilica.

Degli architetti chiamati nel Cinquecento a dare un parere sulla difficile questione, quasi tutti si attennero allo stile gotico, senza avvicinarsi però allo spirito di architettura trecentesca e con frequenti contaminazioni di forme rinascimentali.

 

Tra questi appaiono i disegni di Domenico da Varignana del 1518, di Cristoforo Lombardo, di Baldassarre Peruzzi del 1522, di Giacomo Barozzi da Vignola del 1545, così pure i due lungamente attribuiti a Giulio Romano ma dei quali almeno il secondo potrebbe essere di Andrea da Formigine o di suo figlio Giacomo, quello di Domenico Tibaldi del 1571 e quello di Francesco Morandi, detto Terribilia del 1580.

 

Altri architetti, come il Palladio, idearono architetture classiche pur rispettando la parte inferiore della facciata già eseguita (in collaborazione col Terribilia, 1572) o tentarono la via del ”tutto nuovo”. Ad esso aderì anche il progetto di Giacomo Ranuzzi che ricorda architetture veneziane.

Altri architetti usarono forme tardorinascimentali e barocche, come Alberto Alberti del 1580 o le coniugarono bizzarramente con reviviscenze gotiche (Girolamo Rainaldi 1626).

L’unico disegno del secolo XVIII qui conservato è quello di Mauro Tesi del 1747 che però è una mera esercitazione scolastica.

 

Sono conservati anche piante della basilica: quella di Baldassarre Peruzzi, eseguita verso il 1522 (a croce latina con dodici cappelle absidali), le due piante del Rainaldi (quattro cupole o con grandi cappelle alle estremità dei transetti). Vi è anche il progetto di compimento della facciata, eseguito da Edoardo Collamarini per il concorso del 1887 e premiato “ex aequo” con quello di Giuseppe Ceri il cui modello è posto sulla parete adiacente.

 

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A sinistra del camino si trova uno schizzo sicuramente di Antonio di Vincenzo, il primo architetto della basilica, raffigurante la pianta del Duomo di Milano in costruzione e la guglia Carelli, databile intorno al 1390 e riferibile ad uno dei viaggi compiuti a Milano dall’architetto della basilica petroniana.

Al di sotto vi è il modellino in stucco su tavola di legno, per il mai eseguito coronamento del campanile secondo il progetto di Sperandio da Mantova del 1490.

Sotto al camino sono conservati gli strumenti utilizzati da Gian Domenico Cassini e da Domenico Guglielmini per la costruzione della meridiana.

Dietro agli strumenti, una stampa illustra il tracciato della meridiana e l’uso degli strumenti.

 

Sulla parete seguente si vedono: un disegno del Peruzzi raffigurante la sezione longitudinale parziale della basilica secondo il progettato compimento a croce latina, con grandiosa cupola sulla crociera; una tela di Annibale Carracci o sua scuola raffigurante “Cristo deriso”; quattro formelle marmoree con scene bibliche, eseguite intorno al 1525 per le porte minori della Basilica e non messe in opera: “La moglie di Putifarre che accusa Giuseppe” e “la Castità di Giuseppe” di Properzia de’ Rossi , “La costruzione dell’Arca” e “Il seppellimento di Abramo”, che secondo le più recenti attribuzioni, sarebbero anche esse opera della stessa scultrice ma su modelli del Tribolo.

Infine due modellini in legno e stucco eseguiti da Floriano Ambrosini verso il 1592 relativi alla dibattuta questione dell’altezza da dare alla volta della navata maggiore.

 

Al di sopra della porta si trova un busto marmoreo della metà del Cinquecento, raffigurante il conte Filippo Pepoli o suo figlio Giovanni, entrambi i quali ricoprirono la carica di Presidente della Fabbrica di San Petronio fra il 1511 e il 1585.

Attribuiti a Giulio Romano sono due disegni raffiguranti la facciata della basilica in cui, con grande virtuosismo grafico, sono tracciati i particolari decorativi e il raccordo della facciata col fianco.

Fra i due disegni vi è la statua marmorea di S. Procolo che Alfonso Lombardi lasciò incompiuta alla sua morte (537); la parte da lui eseguita è la superiore (testa e busto), di evidente ispirazione di Michelangelo.

Al centro della stanza, si trova il modellino ligneo della basilica creato da Arduino Ariguzzi nei primi anni del 500.

 

3. Sala II

 

Nella prima vetrina a sinistra e possibile ammirare paramenti dei secoli XVII e XVIII.

Da notare il velo omerale in seta bianca con ricami a viticci e fiori, della prima metà del Settecento e l’ombrellino processionale ricamato, della fine del XVII.

 

Nella seconda vetrina di particolare pregio, per la sua fattura, è il reliquiario di S. Antonio di Padova proveniente dalla cappella Cospi (1668).

Dell’arte orafa della Germania meridionale ci è pervenuto il medaglione con smalti, racchiudente una piccola crocifissione, dell’orificeria siciliana del Settecento è il reliquiario di Santa Rosalia eseguito nel 1716 dall’orafo palermitano Pasquale Cipolla.

Intorno al 1622 venne donato alla chiesa di S.Francesco di Bologna da Papa Gregorio XV un grande reliquiario in ebano e pietre dure con ornamenti argentei e statue in bronzo dorato. Infine è possibile osservare una serie di calici sei-settecenteschi.

Nella terza vetrina, oltre ad altri reliquiari spiccano alcuni libri corali riccamenti miniati: i due grandissimi furono decorati nel 1509-1511 da Giovan Battista Cavalletti con scene della vita di San Petronio, gli altri tre furono miniati tra il 1447 e il 1480 da Martino da Modena ma due contengono qualche miniatura del famoso Taddeo Crivelli.

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Accanto alla vetrina vi è il candelabro del cero pasquale in ottene fuso, opera della prima metà del secolo XV.

Le pareti della sala sono tapezzate di “bazzana”, cioè di cuoio impresso, dipinto, argentato e dorato del secolo XVII.

 

Sopra la porta vi è un frammento di arezzo del secolo XVI con la figura di San Petronio a mezzo busto che sorregge la città di Bologna.

Al primo piano si trovano gli uffici della Fabbriceria consistenti in una sala e due stanze con soffitti lignei e sottostanti fregi parietali dipinti da Giulio Cesare Felini e terminati da Francesco Quaini; particolarmente notevole è il fregio della sala maggiore con fatti della vita di S. Petronio.

I locali, oltre a vari mobili antichi, conservano alcune pitture: Crocifisso raggiante su tavola del XV, Madonna col Bambino e S. Caterina della metà del XVII, l’ Addolorata e Cristo deposto attribuito a Pietro Fancelli del 1785.

 

Nella sala maggiore si conserva l’archivio della Cappella Musicale di San Petronio comprendente una collezione di opere a stampa e manoscritte dei secoli XVI-XIX.

Al secondo piano si trova l’Archivio Storico della Fabbriceria contente documentazione storica dal secolo XIV ad oggi sulla basilica.

Si trovano inoltre vari dipinti fra i quali: due tavolette di Simone dei Crocifissi, una pianta della basilica attribuibile ad Arduino Ariguzzi ed alcuni frammenti di affreschi.